sabato 10 ottobre 2009

#321: La comunità universitaria

Ho trovato in un quaderno un foglio con questo titolo, di un certo Vittorio Bachelet, personaggio che non conoscevo. Ha fatto parte di un gruppo che non condivido affatto (Comunione e Liberazione) e fu assassinato dalle BR, e questo mi dispiace, comunque tutto ciò non importa. Quello che mi interessa non sono le sue idete politiche e religiose, ma ciò che ha scritto, indipendentemente da chi fosse e dal contesto in cui l'ha scritto, ed è ancora di grande attualità)

Questo brano è tratto da "Gli ideali che non tramontano mai - Scritti giovanili"
(lo sto copiando a mano, e sicuramente non mi andrà di rileggerlo dopo, quindi magari saranno presenti errori di battitura, in corsivo le parti a mio avviso più significative)

La comunità universitaria

[...]

La prima deficienza, quella di cui si va parlando nei convegni universitari nazionali e internazionali è la mancanza di una comunità universitaria. Il numero impressionante degli studenti (anche se, all'ultimo anno, in leggera diminuizione); la insufficienza delle biblioteche, dei laboratori, delle stesse aule di studio, e quindi degli istituti universitari; il tono accademico dei corsi che escludono quasi sempre un qualsiasi contatto di collaborazione culturale fra studenti e professori. Lo stesso metodo che separa lo studio (fatto durante l'anno) dalla valutazione dello studente fatta in pochi minuti all'esame; la diserzione che, soprattutto nelle facoltà umanistiche i professori da un lato, e gli studenti dall'altro, fanno delle lezioni, senza dare ad esse valore alcuno; costituiscono i fattori di questa grave situazione che sbalordisce gli studenti e li respinge o a una presenza ridotta al periodo di esami o a un tentativo di surrogato della comunità universitaria in forme goliardiche quasi sempre non costruttive.
[...]

L'università di oggi è una istituzione, cioè un organismo creato da enti determinati (statali o privati)  e messo a disposizione degli individui che abbiano determinati requisiti, e che lo desiderino. Questi godono di un certo servizio alla cui organizzazione sono estranei, ne beneficiano i frutti - e ne soffrono i danni - come soggetti in un certo senso passivi, certamente non come soggetti attivi nella direzione della vita della istituzione. L'Università insomma, anche strutturalmente, non si presenta come una comunità, ma, al massimo, come un servizio predisposto per determinate persone. In più la relativamente ristretta categoria sociale dalla quale escono gli studenti universitari, [...], l'abitudine affermatasi recentemente di creare una cultura di Stato (liberale, fascista, sovietica, ecc.), la scarsità di mezzi economici messi a disposizione delle Università, impediscono alla Università di essere un efficiente centro culturale.
Possiamo quindi accennare qui brevemente i punti da contemplarsi in un grande programma di riforme universitarie, come anche gli obiettivi che ciascuno di noi può porsi e può sperare di realizzare anche prima che i grandi programmi possano essere attuati. Li accenniamo solo perchè ciascuno di essi dovrà essere trattato separatamente e qui serve solo come aspetto particolare del quadro della ricostituenda comunità universitaria.
Per quanto riguarda dunque questa riforma pensiamo sia necessario dare agli studenti una maggiore responsabilità nella vita dell'università; questo potrà attuarsi organizzativamente attraverso una partecipazione studentesca agli organi direttivi ma in genere dovrà realizzarsi soprattutto a mezzo di una collaborazione costruttiva fra studenti e professori nella vita culturale di facoltà (seminari, esercitazioni, ricerca scientifica, ecc.). Una serietà e una severità maggiore di studi, unite  eventualmente allo sdoppiamento del titolo accademico, dovrà garantire l'Università dall'inflazione studentesca; questo tuttavia richiede, per evidenti ragioni di giustizia, che a tutti, e non solo attraverso platoniche e sempre insufficienti borse di studio, sia data la possibilità di studiare seriamente, anche a chi debba pensare al sostenamento proprio e dei suoi, a chi debba soggiornare fuori della propria residenza (creazione, soprattutto per questi ultimi, di colleggi universitari); e ciò come anche la reale efficienza delle biblioteche, dei laboratori, ecc. postula l'aumento del bilancio universitario, bilancio per il quale, come abbiamo visto, troppo spesso è ingiusta la tassazione degli studenti.
Ma io penso che, se la riforma universitaria è necessaria, più necessaria e certamente più attuabile è la riforma che ciascuno di noi deve tentare di realizzare. Alunni e professori in talune delle università italiane, dimostrano d'avere le capacità di creare, nella loro scuola, quella comunità che andiamo cercando. Qualche volta un gruppo di studenti ha saputo esso stesso, stringendosi intorno a questo o a quel docente, creare questa piccola comunità universitaria. Se ciascuno di noi prendesse l'impegno di incontrarsi con i propri compagni alla ricerca di questa comunità, di superare, quella specie di nausea che tante volte viene di fronte alla insufficienza della nostra Università, per iniziare noi stessi, coraggiosamente, l'impresa attraverso gruppi di studio, conversazioni su argomenti di studio, contatti con i professori anche al di fuori delle ore di lezione, forse tutto questo potrebbe contribuire a creare le basi spirituali sulle quali la grande riforma potrebbe attuarsi. La responsabilità dei professori è certamente grande su questo punto, ma anche gli studenti, se mirano al profondo, se non si isolano superbamente in uno studio aristocratico, ma uniscono i loro sforzi possono fare molto, perchè la comunità universitaria viva. Di fronte a questo entusiasmo anche i professori si sentiranno scossi, e anche fra mille deficienze, l'Università potrà ridiventare «universitas» cioè comunità viva di maestri e studenti, il centro e la preparazione della comunità sociale.

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